Rivolto a studenti del primo anno, il corso ha carattere introduttivo, propedeutico alla progettazione, e di necessità insiste sui fondamenti. Lo si può intendere come una declinazione – molto concreta e, allo stesso tempo, pensosa – di un basic design niente affatto convenzionale.
Al cuore dell’insegnamento è la cura per un lavoro dove si intrecciano in maniera indivisibile la mente e la mano, il fare del pensiero con il pensiero del fare.
È già, prefigurato, riproposto “in scala”, il lavoro del progetto: qui avviato a (e da) una riflessione sul rapporto con il nostro intorno più o meno “immediato”.
È introduzione, invito, sollecitazione a una non facile educazione – o riconversione – dello sguardo del designer a venire, che tenta di ritornare al “vicino” e ritrovarlo, per riscoprire nei giacimenti dell’ovvio, dei comportamenti, delle infinite pratiche produttive immaginative e d’uso, altrettanti campi fecondi di critica e di intervento.
In questo corso il design si apprende non come assicurazione di una metodologia, ma “in esercizio”, alla ricerca delle vie per una sempre più necessaria s-definizione. Un’apertura molteplice, più che una ridefinizione disciplinare. Al cospetto dei luoghi – o di quello che ne rimane – senza nostalgie, ma maturando la consapevolezza della crisi della memoria, del produrre, del senso di ogni fare. E la fiducia che a partire dal poco, dal quasi niente, qualcosa può forse brillare come risorsa riscoperta, riapertura del senso dischiusa dalla pratica del progetto.