Rivolto a studenti del primo anno, il corso intende fornire strumenti operativi e concettuali basilari; non prevede prerequisiti particolari. Si propone agli allievi come prima occasione di incontro, di scoperta e di riflessione sulle questioni che concorrono a definire il vasto ambito della Comunicazione visiva.
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A partire dalla constatazione della pervasività dell’immagine nella condizione attuale, il percorso si propone una guidata esplorazione e una graduale presa di coscienza delle possibilità aperte dai linguaggi della visione.
Segnatamente: una non ovvia attenzione verrà dedicata al “campo grafico” disposto dal supporto e dalla preliminare delimitazione del formato, per risalire alla ripartizione modulare e alla nozione di struttura (griglia o gabbia tipografica) che innerva lo spazio grafico e lo ordina, tra visibile e invisibile.
Seguirà l’incontro con le modalità della composizione, intesa come operazione che qualifica uno spazio-superficie solo inizialmente neutro. Ci si soffermerà sulle questioni di: organizzazione dello spazio percettivo, disposizione dei pesi visivi, gerarchia e ordinamento delle informazioni, percorribilità (le “vie”, secondo Klee) predisposte allo sguardo mediante la strutturazione del layout.
In una seconda parte del corso, l’attenzione si sposterà, dalla scoperta della pagina come spazio virtualmente abitabile, al gesto congiunto dello scrivere-grafare, che sta alla radice del segno calligrafico e tipografico. Oggetto di studio diventa, allora, la scrittura alfabetica nell’epoca della riproducibilità tecnica: studio del disegno dei “tipi” e della forma delle lettere (tra scheletro ideale e tracciatura concreta). Fino al momento in cui anche le lettere – intese a un tempo come immagini e come segni-rinvii al suono che significano – diventano materiali per un ulteriore lavoro di composizione: esperienza di costruzione di un’immagine affidata alla doppia logica del visibile e del leggibile, a costo di mettere in crisi la linearità della “nostra” scrittura.
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Se è vero che il mondo in cui viviamo è saturo di segni – siano essi le “cose” prodotte o le “scritture”, le “grafiche” che tutti produciamo – occorre che nei soggetti in formazione favoriamo la maturazione di una capacità critica, che consenta loro di muoversi nel labirinto della contemporaneità con una qualche consapevolezza. Ciò vale in special modo per la figura del designer, che per vocazione e per mestiere si confronta attivamente con quella produzione di segni. Il suo lavoro, oggi più che mai, comporta la capacità di dare senso al proprio intervento di progetto, e la necessità di affrontarlo in modo consapevole e critico, da soggetto pienamente responsabile. Tale nodo di estetica ed etica, essenziale, fa da sfondo all’insegnamento.