Mostra "Mona Hatoum. Behind the Seen"

Fondazione e Museo Nivola (Orani)
18:00

Inaugura Sabato 4 ottobre alle ore 18 al Museo Nivola  Behind the Seen, una mostra personale dell’artista Mona Hatoum, esito di una residenza svolta a Orani nel corso della quale Hatoum ha esplorato il territorio della Sardegna, approfondendo il contatto con le culture locali e le pratiche artigianali dell’isola.

Curata da Giuliana Altea e Antonella Camarda del Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell'Università di Sassari e Luca Cheri, direttore del Museo Nivola, la mostra propone un itinerario tra opere storiche e molte nuove produzioni, alcune delle quali realizzate grazie alla collaborazione con artigiani locali.

Behind the Seen riflette sul rapporto tra corpo, materia e territorio, tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto. Attraverso un linguaggio che fonde minimalismo formale e tensione politica, Hatoum mette in discussione le modalità con cui lo spazio è normato, sorvegliato, colonizzato. Il suo lavoro non propone soluzioni, ma costruisce ambienti di esperienza e sospensione, in cui lo spettatore è chiamato a riposizionarsi continuamente, a negoziare il proprio punto di vista, a “vedere” ciò che resta dietro la scena.

Il titolo della mostra gioca infatti sul doppio senso tra seen (visto) e scene (scena), suggerendo uno sguardo dietro le apparenze, verso gli spazi nascosti dell’esperienza umana: la memoria, il trauma, l’identità e il desiderio di resistenza.

L’opera di Mona Hatoum si articola attorno a una serie di tensioni fondamentali: interno ed esterno, visibile e invisibile, attrazione e repulsione, controllo e vulnerabilità. Fin dagli esordi, la sua pratica si è configurata come un dispositivo critico capace di mettere in crisi la neutralità degli spazi, degli oggetti e delle forme, mostrando come ogni superficie possa nascondere una soglia di ambiguità o una zona di conflitto.

La dimensione del corpo - non solo come organismo fisico ma come entità politica e affettiva - è centrale nel suo lavoro. I primi interventi performativi degli anni Ottanta esplorano direttamente la relazione tra corpo femminile, spazio urbano e dispositivi di sorveglianza. In seguito, il corpo scompare dalla scena, lasciando il posto a tracce, impronte o oggetti simbolici del confinamento: gabbie, letti, reti e schermi ospedalieri diventano metafore spaziali della sua assenza-presenza, evocando una soggettività vulnerabile, esposta al controllo.

Il tema del controllo attraversa la ricerca di Hatoum per mezzo di strutture minimali che incorporano materiali allusivi e carichi di minaccia: il filo spinato, il ferro, il vetro, l’acciaio. Oggetti domestici - letti, sedie, utensili - vengono destabilizzati, trasformati in strumenti di contenimento o aggressione. Questa domesticità perturbata suggerisce che anche gli spazi dell’intimità possono essere attraversati da dinamiche di potere, coercizione e disciplina.

La sua esperienza personale - nata a Beirut da una famiglia palestinese, non è potuta tornare a casa a causa della guerra - informa una poetica della dislocazione che si manifesta non tanto in termini narrativi, quanto spaziali e percettivi. Il territorio è spesso evocato da forme frammentate, cartografie impossibili o percorsi pieni di ostacoli. 

Biografia

L’opera poetica e politica di Mona Hatoum si realizza attraverso una gamma ampia e spesso non convenzionale di media, tra cui performance, video, fotografia, scultura, installazione e opere su carta. Il suo lavoro affronta temi legati allo sradicamento, alla marginalizzazione, all’esclusione e ai sistemi di controllo sociale e politico. Nata a Beirut, in Libano, da una famiglia palestinese, Hatoum vive a Londra dal 1975, quando lo scoppio della guerra civile libanese le impedì di fare ritorno nel suo paese.

Hatoum ha partecipato a numerose esposizioni internazionali, tra cui la Biennale di Venezia (1995 e 2005), la Biennale di Istanbul (1995 e 2011), Documenta a Kassel (2002 e 2017) e esposto nei più importanti musei del mondo. Tra i principali riconoscimenti ricevuti: il Premio Joan Miró (2011), il 10° Hiroshima Art Prize (2017), il prestigioso Praemium Imperiale per la scultura (2019), assegnato dalla Japan Art Association per l’intera carriera, e il Premio Julio González 2020, conferito dall’Institut Valencià d’Art Modern - IVAM di Valencia.