Lo sguardo, le cose, gli inganni. Da Magritte alla realtà aumentata
I Coretti di Giotto agli Scrovegni di Padova. La Camera Picta di Andrea Mantegna a Mantova. Il finto coro prospettico del Bramante per Santa Maria presso San Satiro a Milano. E, ancora, la falsa prospettiva del Borromini al Palazzo Spada di Roma. La grande ossessione di rompere gli argini della pittura per aprirsi al mondo reale ha torturato gli artisti nei secoli. Lo dimostra l'invenzione del trompe-l’œil già nella Grecia classica, traghettato poi nell'arte romana. Lo sguardo dello spettatore è stato infatti, sin dall'antichità, messo a dura prova dalle qualità mimetiche della pittura e da quelle illusionistiche dell'architettura, in grado di simulare profondità, masse plastiche, orizzonti dentro cui l’occhio si è perso, raggirato dalla simulazione perfetta.
Ma è solo all'alba del Novecento che l’ansia degli autori moderni, rimescolando le carte sul tavolo della percezione, ha portato i quadri futuristi e cubisti a nutrirsi dei primi innesti materiali, frutto di un'unica, audace ambizione: infrangere una volta per tutte i limiti fra il dentro e il fuori, fra la verità e la rappresentazione; calare cioè lo spazio della vita nello spazio dell’arte e, viceversa, trasformare l’arte in vita. Tutto ciò ha generato quel meraviglioso senso di ambiguità cui i maestri della metafisica o del surrealismo hanno attinto avidi, affascinati dall'idea di creare immagini enigmatiche, addirittura paradossali, tese a disorientare l'osservatore, suscitando attrazione e insieme inquietudine, magnetismo e smarrimento.
Sensorama è il titolo di una mostra che, all’indomani della pandemia, riflette su alcuni temi sollecitati dal dramma della reclusione: la comunicazione interrotta e velata dal diaframma di uno schermo, la lettura delle immagini sottratte alla vista e restituite in una realtà virtuale. Tornare a guardare e a porsi interrogativi sulla verità della visione è lo scopo di un percorso il cui titolo è ispirato al nome di una macchina magica, il Sensorama, ideata nel 1957 dal regista Morton Heilig per amplificare impressioni non solo sonore, ma persino tattili, dinamiche e olfattive nel suo cinema d'esperienza.